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LA NOSTRA CIVILTÀ MUORE DI MORTE

Non è un gioco di parole.
Basta avere un pensiero indipendente per accorgersi che la nostra civiltà sta finendo. Finisce non per naturale esaurimento, non perché pian piano si trasforma in qualcos’altro, non perché cose più belle sostituiscono le brutte, non perché aumentano giustizia, uguaglianza, felicità, no. È il contrario. Si fanno più investimenti e ricerche sulla tecnologia che sulle persone. Si costruiscono sempre più armamenti e bombe atomiche quando una sola basta a distruggere il mondo. Abbiamo bisogno di tutti, fosse anche solo per scambi commerciali, ma, per seguire acriticamente gli ordini di qualcuno, dobbiamo considerare nemici coloro che erano amici fino a poco fa. Come i primitivi risolviamo i conflitti con la guerra e non condanniamo tutti i genocidi in atto.

Militari sparano sui civili ridendo e si punisce chi lo rivela e chi smaschera certi retroscena. Le droghe uccidono la parte migliore dei cervelli. Le morti sul lavoro continuano, i femminicidi non si fermano, gli omicidi sono sempre più feroci e gli assassini sempre più giovani. Fa notizia la preoccupazione di un ricercatore che ha inserito dati diversi in tre intelligenze artificiali mettendole in conflitto per vedere come l’avrebbero risolto: tutte hanno scelto l’uso della bomba atomica. Ovvio! È la soluzione più spiccia e definitiva, perché le macchine non hanno etica né empatia. Eppure si pensa di affidare a queste intelligenze la strategia militare e l’uso delle armi alcune delle quali si possono produrre con stampanti in 3D.
Come potrebbero mai le macchine avere valori etici se persino negli umani essi sono rarissimi? Empatia è sintonizzarsi con l’altro: gioire se gioisce, soffrire se soffre. Per farlo bisogna sentirsi insieme, parte di una comunità sia familiare che locale e mondiale e amare la vita, qualsiasi vita, in qualunque forma: umana, animale, vegetale, minerale.

E per amare la vita in tutte le sue espressioni occorre riconoscerne la sacralità cioè il suo Mistero. Non significa dover credere in un qualche Dio, ma almeno ammettere che il mondo e la Vita non li abbiamo creati noi e quindi vanno rispettati e “maneggiati con cura” , perché preziosi, insostituibili hanno un valore e un senso più grandi della nostra comprensione.

Invece di gioire della Vita e della vitalità che la percorre, la permea, la spinge avanti attraverso gli attimi, le stagioni, le storie di ciascuno, invece di aiutare ogni vita ad esprimersi e realizzarsi alla sua massima potenza affinché migliori il mondo, la maggior parte di questa nostra civiltà sembra essere più amante della morte e della violenza che è il suo preludio.
I non realizzati, i frustrati, i vigliacchi, sapendosi nullità, hanno bisogno di affermarsi sugli altri per sentirsi qualcuno. Non è quindi solo per soldi che si sfruttano o schiavizzano persone, che si comprano corpi. Si ritiene l’altro come morto a metà, solo cosa, materia, solo carne da lavoro o da piacere, non lo si percepisce come essere completo con una parte fisica e una immateriale che è pensiero, sentimenti, storia individuale. L’episodio del bracciante indiano “buttato via” come fosse due pezzi di un piatto rotto ne è l’atroce esempio.

Giovani si mettono in situazioni pericolosissime per fotografarsi. Ragazzini ne uccidono altri o violentano coetanee senza rimorso, senza emozione sono già dei morti viventi. Eutanasia e aborto sono altri delicati e complessi temi di morte che meriterebbero lunga riflessione ma , comunque la si pensi, credo che l’aborto possa essere legalizzato, ma non dovrebbe essere, come è accaduto in
Francia, inserito nella Costituzione. Metterlo come pilastro di una società è una barbarie. “Diritto” è una parola positiva e non può essere associata all’uccisione di qualcosa che vive e ha un cuoricino che batte. Chi non vuole ascoltarlo ha paura di dover ammettere che lì c’è vita.

Non giudico, ma constato che si tende a far prevalere la morte sulla vita in tanti modi.
Si uccidono personalità massificando le persone, si lasciano morire con troppa facilità i legami tra gli individui e tra i popoli. Si spegne la creatività spontanea con le mode, la pubblicità, i troppi influencer . Fabbriche chimiche non vengono distrutte anche se inquinano l’ambiente e avvelenano le persone producendo droghe sempre diverse e micidiali. I motivi del degrado civile e morale sono moltissimi tra cui la debolezza genitoriale, l’insipienza della politica, la stupidità dei social e tanta cultura odierna. C’è una necrofilia dilagante, un diffuso gusto dell’orrido. In letteratura libri gialli, noir, splatter, serie televisive poliziesche piene di omicidi, trasmissioni che paiono crogiolarsi nel ricostruire particolari raccapriccianti. Ogni pomeriggio in TV si seguono passo passo delitti, processi, confessioni, indagini, costringendo i parenti delle vittime a rivivere tutto. È crudele, volgare e pericoloso, perché persino i bambini a quell’ora potrebbero vedere e ascoltare abituandosi alla morte vera come intrattenimento aggiunta a quella virtuale dei videogiochi.

Molti film parlano di delitti, sadismo, guerre. Poi ci sono certi cantanti coi loro testi volgari e violentissimi che incitano a compiere reati. Perché non vengono censurati? Persino tanta arte contemporanea propone tutto il brutto possibile: escrementi, stracci, rottami , figure deformate. Chi ci governa non si confronta seriamente con chi denuncia gli effetti nocivi alla salute causati da alcune nuove tecnologie come se la vita fosse meno importante degli affari.

I giovani sono circondati da un mondo in gran parte brutto, stupido, violento, mortifero.
L’ esempio positivo di pochi soccombe a quello negativo ben più diffuso. Stanziare fondi perché gli psicologi aiutino a mantenersi in equilibrio su questo non senso serve a poco: bisogna andare alla radice di tutti questi problemi e interrogarsi. Non è più tempo di illusioni né di fare gli struzzi. Non c’è più tempo. È ora di ridiscutere questo nostro sistema sociale, la sua struttura, i suoi metodi, soprattutto le sue finalità.

Bruna Milani

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6 Commenti

  1. Analisi sociologica che non lascia spazio ad ulteriori considerazioni .I vari punti toccati dalla poetessa Milani dipingono un quadro realistico di una società votata alla cultura dello scarto e della morte.Di tutti quei canoni e codici etici ,estetici, che hanno caratterizzato la millenaria cultura religiosa e laica dell ‘Occidente .

  2. Analisi puntuale e spietata su un mondo che non vorremmo conoscere e facciamo di tutto per ignorare. L’autrice ha il merito di dare al lettore quella civile dignità che nasce dalla consapevolezza. Grazie

  3. Pochi giornalisti hanno il coraggio di analizzare la realtà come fa Bruna. In questo articolo ci appare una società malata ,indifferente alla sacralità della Vita. Ma è proprio grazie a persone così lucide e sensibili che possiamo diventare più consapevoli e magari contribuire a quel cambiamento oggi più che mai necessario

  4. Completo e impietoso, pone il dito sulle più gravi piaghe che stanno distruggendo società e civiltà.
    Diamo più spazio alla voce di persone come Bruna Milani!

  5. Parole il cui non essere collocabili in ambiti di pensiero definibili di destra o sinistra generano per ciò’ stesso uno sconforto decisamente drammatico. Se infatti pur in qualcosa o qualcuno siano riscontrabili alcuni germi delle più svariate colpe, tante sono comunque le loro conseguenze, ed inoltre tanto intricate, ingarbugliate ed esplose da richiedere a raduno come unica, ultima Speranza, l’apporto di tutte le menti, elevate e non solo. Si, siamo tutti parte in causa. Lo è ogni Etica individuale, nonostante la consapevolezza che il Male, sulla Terra, da sempre esiste e sempre esisterà. Ultima Speranza, sì, tuttavia Speranza! Il Tempo pero’ stringe! Grande Bruna Milani anche per il focus su tale tema ormai più che preponderante per l’Umanità. Grazie

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