Tutti in coda e a testa in giù. Anche alle udienze non ci sono più le chiacchere di una volta. Siamo, nei corridoi di un liceo della città, in un pomeriggio di udienze e colloqui con gli insegnanti. Mi sono portata un libro, ma una sbirciatina all’I-pad ogni tanto la do anch’io.
E mi guardo intorno.
Capo chino, occhiali sul naso; nei corridoi, lunghe code di persone assorte nel proprio dispositivo, a caccia di news o di chat.
Pochi quelli che scambiano pareri o considerazioni sulla scuola, sui figli, sui compiti, sui docenti e altro. Storia vecchia, che ci riporta indietro nel tempo.
Del resto. Che volete?..Al massimo, se si desidera un confronto, si può sempre farlo su whatsapp, nel gruppo della classe, o in qualche sottogruppo più ristretto, ma comunque sempre on line. Dunque, tutto regolare.
L’attesa per il sospirato colloquio con gli insegnanti si inganna collegandosi in rete. Proprio come i nostri figli, a cui spesso rinfacciamo di non parlare, di essere poco socievoli, di non ascoltare quello che diciamo.
Tornando alle udienze…solo le nonne, reclutate come “tieniposto” nella fila, si guardano intorno alla ricerca di qualcuno che non sia uno smartphone che cammina, magari per scambiare una battuta, sul rendimento del nipote o sull’imminente Natale…
E’ arrivato il mio turno; silenzio il telefono, chiudo l’I-pad, …e alzo gli occhi. Gli insegnanti, per fortuna, anche se digitalizzati, moderni e ormai esperti del registro elettronico, sono ancora esseri umani. Gente che, anzi, “lavora” con la parte migliore dell’umanità: i nostri giovani (e non ditemi che sono scontata, lo penso davvero). Guardare negli occhi, non solo i genitori, ma soprattutto gli alunni, e cercare di leggere più in profondità, fa parte del loro mestiere. Nessuna tecnologia, per ora, è stata in grado di sostituire la sensibilità e l’intelligenza che servono per farlo, e per farlo bene. Chissà, se mai, ci si arriverà…